mercoledì 9 dicembre 2009

Il borgo dell'Alta Valle Argentina, nel Ponente ligure, dove nel sedicesimo secolo molte donne finirono sotto processo perché accusate di stregoneria

Il borgo dell'Alta Valle Argentina, nel Ponente ligure, dove nel
sedicesimo secolo molte donne finirono sotto processo perché
accusate di stregoneria

IL GIORNALE DI BRESCIA, 31 agosto 2004
Rosanna Ramondo

Triora a 776 mt nell'alta valle Argentina del Ponente ligure, è un borgo sorto all'epoca dell'invasione longobarda guidata da Rotari. Le case alte, addossate l'una all'altra, danno la fugace impressione, a chi contempli il paesaggio specialmente all'imbrunire, di stringersi in un abbraccio come per difendersi da un nemico occulto, forse legato alle magiche, misteriose leggende del passato, risalenti a oltre 400 anni orsono. La parte alta del borgo è dominata dai resti dell'antico castello dei Conti di Ventimiglia: il torrione centrale a 780 mt e parte delle mura perimetrali del XII secolo. Ricca di storia e di una pregevole architettura medioevale, grazie alla sua felice posizione all'incrocio di strade di vitale importanza (in particolare la «La via del Sale» attraverso cui Genova esportava il minerale in Val Padana) Triora si sviluppò fino a diventare un centro importante.
Numerose le antiche chiese presenti nel borgo; come la Chiesetta romanica di San Bernardino con i suoi notevoli affreschi e la Chiesa della Madonna delle Grazie, del I secolo dopo il Mille.

Questo tranquillo borgo, accolto nel 2003 nel selezionatissimo ed esclusivo club fondato dall'Anci tra i «Borghi più belli d'italia», oggi riserva non poche emozioni a chi lo visita e ricerca le antiche tradizioni, le usanze, la vita quotidiana degli abitanti di un tempo, turbata dalla presenza di un gruppo di donne definite «streghe» e sottoposte ad un tragico processo per stregoneria avvenuto negli anni 1588-'89, accusate di aver rapito e ucciso bambini in fasce, di scatenare tempeste con conseguente carestia e fame, di usare intrugli mortali e malefici inneggiando a Satana nei loro scomposti raduni (I Sabba).

Su questi antichi avvenimenti uscì nel 1898 un saggio intitolato «Le Streghe di Triora in Liguria» dello storico prof. Michele Rosi, mentre altre opere sull'argomento, mai ristampate, andarono perdute; anche le indagini sui testi conservati nell'Archivio di Stato di Genova dello studioso Luigi Costanzo Oliva nel 1986-'87, nate dall'esigenza di fare chiarezza su quanto realmente accaduto per l'impossibilità di una esauriente consultazione, non diedero risultati definitivi; ma accanto alla vicenda storica e giuridica sussiste, tutt'ora, una tradizione popolare che si regge sui racconti delle persone anziane, tramandati di generazione in generazione, che evidenziano la convinzione che le donne arrestate e torturate, in genere popolane, furono vittime dell'ingiustizia, dell'ignoranza e della superstizione. Sul finire della torrida estate del 1587 i trioresi erano veramente disperati; i raccolti da due o tre anni erano pressoché inesistenti, povertà e fame furono le cattive consigliere che inasprirono gli animi: di chi poteva essere la colpa di tante calamità se non delle Bagiue di cui si parlava da tempo? Così, iniziò una vera e propria caccia a quelle donne del paese che vivevano in solitudine o, per qualche ragione erano invise ai più. I luoghi di raduno preferiti dalle streghe nell'alta valle Argentina erano al «Cian der Preve» dove ballavano freneticamente tutta la notte, presso la Fonte dei Molini dove tra gli schiamazzi si svolgevano scomposte processioni alla luce di moccoli accesi; ma il loro luogo preferito era l'aia della Cabotina, tra i ruderi abbandonati di un sinistro casolare fuori dalle mura di Triora. Nel silenzio delle notti di luna piena le streghe si abbandonavano a danze sempre più parossistiche, tra agghiaccianti risate, fino agli osceni incontri con i diavoli caproni.

Molto inquietante e complessa è la storia del processo di oltre 200 imputate indetto dal fanatismo religioso della Controriforma imperante; le donne furono costrette a confessare, anche se innocenti per le inumane torture a cui erano sottoposte. (Il tormento della corda, il cavalletto, la veglia di 45 ore, il fuoco ai piedi). La mancanza di indizi sicuri e provati, e l'inefficienza degli Inquisitori e del Vicario posero fine, dopo che furono emanate condanne a morte non eseguite, a questa assurda persecuzione; alcune imputate morirono di stenti in carcere. Ma la leggenda popolare tramanda la continuità della presenza delle streghe, anche dopo il processo; si dice che altre «Bagiue» continuarono indisturbate le loro orge alla Cabotina, i Sabba satanici presso le Fonti, mentre le mamme raccomandavano ai propri figli di rientrare fra le mura di Triora al suono dell'Ave Maria!

Visitare Triora significa riscoprire la magia e ritrovare sensazioni dimenticate; molte persone di ogni ceto e nazionalità, attratte da questi antichi fatti, avvolti in un alone di mistero, vengono in questo borgo. Oggi, nel palazzo che ospita l'interessante Museo etnografico si possono visitare le «Segrete» delle vecchie carceri, gli strumenti di tortura e nell'Archivio si possono consultare i documenti relativi al processo. La gente del borgo ha ormai imparato a scherzare sulle faccende stregonesche e le streghe non fanno più paura; anzi, alcuni parlano con compiacimento dei loro filtri d'amore efficacissimi per legare per sempre gli innamorati! Resistono però nel tempo gli antichi detti popolari come «Quande u ciove cuu sue e bagiue i fan l'amue» (Quando piove con il sole le streghe fan l'amore).
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nota sul disegno:
Le streghe pittura intorno al 1500 di Hans Baldung

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